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La riforma accrual e il patrimonio pubblico 

Qual è il Patrimonio pubblico? Quanto vale? Quanto costa? Nel bilancio di quale amministrazione un bene deve essere rilevato? 

Sono queste alcune delle domande a cui si tenta di dare una risposta univoca con la riforma cd. accrual, ma, anche se per alcuni possano non costituirne quelle principali, sono necessariamente quelle propedeutiche. 

Aziendalisti e contabili di sponda patrimonialista lo declamano da anni: bisogna partire dalla quantità-valore alla data (lo stock) e poi misurarne le variazioni dinamiche (i flussi) lungo un determinato arco temporale (l’esercizio, solitamente nell’emisfero pubblico corrispondente all’anno solare). 

Senza conoscere il punto di arrivo, o meglio di partenza, trattandosi del bilancio d’apertura, ovvero il primo bilancio da redigere secondo i nuovi criteri, schemi, principi e regole, non è possibile comprendere se la Pubblica Amministrazione – che sia nelle sue diverse articolazioni (le singole pubbliche amm.ni) o in termini consolidati (l’integrazione delle risultanze contabili delle singole PA al netto delle partite reciproche) –  abbia valorizzato (rectius, accresciuto), la propria ricchezza, misurata dal complesso delle attività al netto delle passività, al termine di un determinato esercizio o di un’intera legislatura/consiliatura. 

Ma andiamo per gradi, o almeno in ordine cronologico. 

Le radici della riforma accrual

Gli obiettivi di quella che oggi è, ai più, conosciuta come riforma accrual affonda le sue radici oltralpe, più precisamente a Bruxelles, o, ancor più correttamente, in Lussemburgo, visto che la sua matrice è, innegabilmente, di genesi statistica.  

La Direttiva 2011/85/UE dell’8 novembre 2011 del Consiglio (articolo 3, comma 1), prevede infatti che gli Stati membri si dotino di sistemi di contabilità pubblica in grado di coprire in modo completo e uniforme tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica (S13, declinata in pubbliche amministrazioni centrali, locali e enti di previdenza e assistenza) e contengano le informazioni necessarie per generare dati fondati sul principio di competenza (accrual), coerentemente con i principi del Sistema Europeo dei Conti Nazionali e Regionali (SEC 95, poi SEC 2010), al fine di consentire una maggiore trasparenzaconfrontabilità e qualità dei bilanci pubblici

Seppur il progetto patrocinato da EUROSTAT per la definizione di principi e regole comuni per tutti i paesi membri (EPSAS – European Public Sector Accounting Standard) abbia partorito dopo oltre un decennio soltanto un quadro concettuale (EPSAS Conceptual Framework), alla luce della difficoltà di pervenire a delle regole condivise dai 27 Stati membri (e, in particolare da quelli mitteleuropei), la maggior parte dei governi nazionali si è mossa, anche se con tempi e modi differenti. Tra questi, Austria, Estonia e Portogallo hanno avviato prima di altri un proprio percorso volto alla definizione e successiva implementazione di un sistema contabile a base Accrual, adottando più o meno pedissequamente gli IPSAS (International Public Sector Accounting Standard). 

In Italia, la Legge di Contabilità e Finanza Pubblica (L. 196/2009) aveva già tracciato alcuni presupposti, in termini di armonizzazione e qualità dell’informazione contabile, demandando però a successivi decreti attuativi la disciplina specifica, segmentata a livello di singolo comparto, inter alia: d.lgs. 118/2011 per gli enti territoriali e del servizio sanitario nazionale (questi ultimi disciplinati anche dai decreti del Ministero della Salute 15/6/2012, del 20/3/2013 e del 24/5/2019), d.lgs. 91/2011 per le amministrazioni diverse dagli enti territoriali e del servizio sanitario nazionale, d. lgs. 18/2016 per le Università e d.lgs. 218/2016 per gli enti di ricerca.  

La sfida: il processo di armonizzazione contabile

La sfida, epocale, è diventata quella di superare la coesistenza dei suddetti regimi contabili adottati dai differenti comparti per la tenuta della contabilità economico-patrimoniale, incorporando le discipline settoriali in un più ampio e organico processo di armonizzazione contabile, unico per tutti i comparti della PA, previsto da una delle riforme cd. abilitanti/trasversali del PNRR. 

Ciò consisterà nella graduale introduzione, a partire dal 2025, per circa 3700 reporting entities, tra PA centrali, territoriali, università e enti di ricerca, enti del servizio sanitario nazionale etc. (resterebbero essenzialmente esclusi i comuni con meno di 5.000 abitanti), di un unico paradigma contabile a base accrual, ovvero in termini di competenza economica, nell’accezione patrimonialista degli IPSAS e non redditualista (nel nostro ordinamento, è il conto economico a produrre effetti sul patrimonio) per la redazione dei bilanci consuntivi, senza per il momento interferire con la competenza finanziaria (rectius, giuridica) che sussisterà per gli enti che attualmente la adottano per finalità autorizzatoria in fase preventiva e di sviluppo gestionale (impegno-liquidazione) e di rendicontazione finanziaria.  

Nell’ambito delle Riforme Trasversali, la Linea 1.15 del PNRR “Dotare le Pubbliche amministrazioni di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale accrual” prevede infatti  la realizzazione di una riforma contabile “in linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio: un assetto contabile accrual costituisce, infatti, un supporto essenziale per gli interventi di valorizzazione del patrimonio pubblico, grazie ad un sistema di imputazione, omogeneo e completo, del valore contabile dei beni delle pubbliche amministrazioni”.

Il ruolo del MEF

A tal fine, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha realizzato tre progetti patrocinati dalla Commissione Europea nell’ambito dei programmi di riforma strutturale, tra cui quello avviato da Intellera nel 2020 Support for the implementation of the accrual IPSAS/EPSAS based accounting in the Italian public administration, da cui sono scaturite le proposte di principi e postulati (Quadro Concettuale), regole (Italian Accounting Standard – ITAS), di cui uno dedicato agli schemi di bilancio, nonché un manuale operativo e raccomandazioni implementative.  

Tali proposte sono state esaminate, nell’ambito della Struttura di governance di RGS, dal Comitato Direttivo, dallo Standard Setter Board con funzione propositiva e dal Gruppo di consultazione interna RGS e hanno coniugato il nuovo framework contabile caratterizzato, come previsto dalla Determina del RGS n. 176775 del 27 giugno 2024, da: 

  • un quadro concettuale, volto a declinare i postulati e i principi di riferimento, che si colloca a monte dell’intero impianto contabile; 
  • un corpus di 18 standard contabili (ITAS), quali regole specifiche per materia, il primo dei quali (ITAS1) finalizzato a declinare i nuovi schemi di bilancio di esercizio (stato patrimoniale, conto economico, prospetto delle variazioni del patrimonio netto e rendiconto finanziario dei flussi di cassa), oltre alle indicazioni per i contenuti minimi della Nota Integrativa;  
  • un nuovo piano dei conti multidimensionale, non derivato.  

Come anticipato, il nuovo sistema contabile accrual dovrà essere applicato ai bilanci d’esercizio 2025, da adottarsi da parte delle amministrazioni, trattandosi di documenti contabili a carattere consuntivo, entro il secondo trimestre 2026. Come previsto dalle indicazioni contenute dal Decreto Legge 113/2024 (convertito in legge 7 ottobre 2024, n. 143) è prevista una fase pilota (2025/2026) in cui gli enti potranno ancora ottenere le informazioni contabili economico-patrimoniali derivandole da quelle finanziarie, tramite dei prospetti di raccordo che dovranno essere emanati dal MEF, per consentire la predisposizione dei bilanci d’esercizio secondo i nuovi schemi (ITAS1).  

Tuttavia, il dl. 113 richiede (art. 10, comma 9) che, ai fini della predisposizione dei bilanci, le amministrazioni effettuino, inter alia, le rettifiche e le integrazioni necessarie all’applicazione dei criteri di valorizzazione e di rilevazione contabile stabiliti dal quadro concettuale e dagli standard contabili.  

Sarà un esercizio quanto mai complesso, a partire dalla corretta rilevazione e valutazione del patrimonio, che dovrà avvenire coerentemente con i criteri e le regole del relativo standard (ITAS 4), che introduce novità anche in forte discontinuità rispetto al passato. Tra queste, l’obbligo di rilevare e valutare tutti i beni del patrimonio culturale, controllati da una pubblica amministrazione, a prescindere dalla relativa proprietà. 

Ciò richiederà, in particolare, un’analisi, riorganizzazione e aggiornamento degli inventari delle amministrazioni, che spesso sono incompleti e contengono informazioni non sempre coerenti ed omogenee. 

A tal fine, nel 2022 è stato avviato un nuovo progetto, Implementation of the accrual accounting reform in the public sector fixed assets area in Italy, sempre con Intellera a beneficio della RGS tramite la Commissione Europea, specificatamente dedicato ad analizzare ed agevolare l’attuazione di una degli aspetti fondamentali della riforma, appunto la rilevazione e valutazione del patrimonio, in particolare materiale, compresi i beni del patrimonio culturale, delle pubbliche amministrazioni. 

Come agevolare raccolta e verifica delle informazioni contabili

In particolare, abbiamo sviluppato e stiamo sperimentando con la Ragioneria Generale dello Stato una metodologia per agevolare la raccolta e verifica delle informazioni contabili ed extracontabili necessarie all’aggiornamento degli inventari e propedeutiche all’applicazione dei principi e criteri ITAS: se e quando deve essere rilevato un bene come attività, quale amministrazione deve farlo, individuare quale criterio sia applicabile tra quelli previsti da ITAS sulla base, in particolare della tipologia del bene e della modalità di acquisizione  (costo storico, valore di mercato, valore d’uso, costo di sostituzione) per la prima valutazione e per quelle successive (in caso di rivalutazione, svalutazione o dismissione del bene).  

Così da rispondere, innanzitutto, alla prima domanda: qual è il Patrimonio pubblico e qual è il suo valore? E, successivamente, come questo valore sia stato mantenuto nel tempo, oppure sia diminuito a livello di singolo bene (a causa del fisiologico depauperamento) in caso di assenza di interventi di manutenzione/valorizzazione, oppure incrementato perché sono stati sostenuti dei costi di manutenzione straordinaria, e quindi capitalizzabili. 

Il che consentirà di iniziare a rispondere, in un’ottica di medio/lungo termine, e non solo di breve (come nel caso della finanziaria, ancorché potenziata), anche alla seconda domanda: quanto costa alla collettività, ceteris paribus, un’attività (i.e. un bene, utilizzato o meno), in termini di differenza tra il suo valore iniziale e quello al termine del periodo di riferimento?  

Di Redazione | 19 Dicembre 2024

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